Osservatorio Professionale, 09 marzo 2020

20. 03. 09
posted by: Francesco Ventura
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Notizie in pillole a cura del Centro Studi ANC Salerno.

Osservatorio professionale

 

In primo piano

 

Lettera delle associazioni dei commercialisti al MEF e agenzia entrate.


Le Associazioni nazionali dei Commercialisti hanno indirizzato al MEF e all’Agenzia delle Entrate una richiesta per la sospensione degli atti impositivi in materia previdenziale e tributaria a seguito delle disposizioni previste dal DPCM del 4 marzo 2020.

Comunicazione congiunta Associazioni Commercialisti 4 marzo 2020

 

 

Lettera aperta del Presidente ANC ai colleghi.


Il Presidente di ANC, Marco Cuchel, ha pubblicato una lettera aperta indirizzata ai Colleghi per informarli circa due episodi occorsi in seno al CNDCEC, che hanno destato molte perplessità e preoccupazioni. La prima vicenda riguarda l’atto di sfiducia verso il Vicepresidente del CNDCEC Davide Di Russo, lo scorso 18 dicembre, mentre la seconda attiene alla decisione, sempre del Consiglio Nazionale, di attuare i passi formali necessari che precedono la messa in liquidazione della Fondazione ADR Commercialisti.

Su entrambe le questioni, come sempre, nel rispetto dei principi che regolano il corretto andamento dei rapporti istituzionali, l’ANC ha provveduto a scrivere al Presidente del CNDCEC, Massimo Miani, e ai Consiglieri tutti per esprimere il proprio dissenso e per chiedere le ragioni sottostanti a questi atti.

Tali vicende, infatti, a parere di ANC, non hanno giovato all’immagine della nostra Professione, anche a causa delle conseguenti uscite sulla stampa specializzata. Si tratta di scelte che hanno inasprito la conflittualità interna alla Categoria e che, senza alcun dubbio, hanno indebolito la nostra presenza ai tavoli istituzionali. Due atti estremi, che appaiono senza una visione strategica, anche perché realizzati negli ultimi mesi di mandato. Conoscendone le motivazioni, forse, sarebbe emerso l’ipotetico vantaggio che queste scelte avrebbero dovuto generare per la nostra Professione, vantaggio che tuttavia non si riesce ad intravedere, anche in virtù della mancata risposta alle perplessità espresse.

Fino ad oggi, l’ANC ha ritenuto di mantenere riservate le due missive nell’ambito dei propri vertici, del Consiglio Nazionale e dei Presidenti degli Ordini, in attesa di un chiarimento che, a distanza di diverse settimane, non è ancora pervenuto.

Pertanto, con rammarico, ma al contempo in ossequio ad uno dei principi cardine di ANC, ovvero l’informazione costante ai Colleghi su tutto ciò che riguarda la Professione, è stato deciso di “aprire le lettere” all’intera Categoria, nella convinzione del fatto che anche una mancata risposta sia di fatto una risposta e che anche di questo silenzio vadano informati gli iscritti. Di seguito il testo della lettera e le lettere inviate al CNDCEC.

19_Lettera aperta ai colleghi 

All. 1_ Lettera aperta Presidente e Consiglieri CNDCEC 23.12.2019 

All. 2_12_Pres e Cons CNDCEC

 

 

Informativa – Ordini territoriali delle zone interessate dal coronavirus


Sospensione delle attività di formazione professionale e svolgimento delle riunioni in modalità remota; l’obbligo formativo per l’anno 2020 verrà rimodulato in relazione alla durata dell’emergenza.  Sono le prime indicazioni fornite dal Consiglio nazionale dei commercialisti agli Ordini territoriali delle zone interessate dal coronavirus. Lo stesso Consiglio nazionale terrà il prossimo 3 marzo una riunione straordinaria per fare il punto su eventuali ulteriori criticità che dovessero emergere e sugli aspetti di specifica rilevanza per gli Ordini e per gli Iscritti legati all’emergenza in atto.

Leggi l'Informativa

 

 

Stop a sanzioni fiscali.


L’emergenza da coronavirus potrebbe far scattare la non applicabilità delle sanzioni amministrative tributarie poiché costituisce ‘causa di forza maggiore’ per il contribuente.

Le misure restrittive disposte con il Dpcm del 4 marzo costituiscono, con tutta probabilità, un solido presupposto per far cadere l’impianto sanzionatorio tributario. Dunque, stando alla dichiarazione dello stato di emergenza deliberata lo scorso 31 gennaio per la durata di sei mesi, i contribuenti non sarebbero soggetti a pene pecuniarie e/o accessorie in caso di violazione di norme tributarie fino al 31 luglio 2020.

L’eventuale conferma di questa interpretazione metterebbe in secondo piano anche le disposizioni introdotte con il dl recante misure urgenti di sostegno a causa dell’emergenza sanitaria, ovvero le sospensioni dei versamenti di ritenute e pagamenti delle cartelle concesse ai residenti nelle zone rosse e anche lo stop stabilito per le imprese turistico e alberghiere

 

 

Comunicato stampa congiunto ADC – ANC. Alle commissioni parlamentari non serve la professionalità dei consulenti incaricati.


La Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, ha approvato l’emendamento che prevede la prestazione “a titolo gratuito” da parte dei consulenti esterni che saranno chiamati a collaborare. Nonostante la pioggia di  appelli al redde rationem da parte di istituzioni e associazioni professionali, per la prima volta compatti su un’unica linea che ha trovato d’accordo Ordini, Casse di previdenza e Associazioni (CNDCEC, ADC-ANC, Confprofessioni, Adepp, Cup, Attuari, Rete Professioni Tecniche, Aiga), e nonostante il parere negativo e trasversale di esponenti parlamentari, non c’è stato alcun cambio di rotta rispetto alla bozza presentata e il colpo al principio dell’Equo compenso (da poco riconosciuto dallo stesso Parlamento) è stato inferto.

Il modo risoluto con cui la politica ha alzato un muro nei confronti del mondo delle professioni, negando una seppur minima concessione alla previsione di un compenso, sembra una prova di forza forse prodromica di ulteriori attacchi futuri.

In sostanza, la Commissione ha deciso di affidarsi, per affrontare una materia complessa e delicata come quella del sistema bancario e finanziario, a prestazioni gratuite, calpestando anni di battaglie, da parte del comparto delle professioni intellettuali, contro una selvaggia deregulation che provoca la fuga dalle professioni ordinistiche di tanti giovani.

Il paradosso che esprime questo regolamento prende forma in modo ancor più evidente se pensiamo che all’interno degli studi di commercialisti non possiamo neanche elaborare a titolo gratuito le dichiarazioni dei redditi dei nostri familiari, senza incorrere nel rischio di diventare “fiscalmente inaffidabile” secondo i parametri Isa.

Il lavoro professionale prestato dietro l’accettazione di un corrispettivo equivalente a un rimborso spese dovrebbe essere sottoposto all’attenzione e alle sanzioni delle commissioni disciplinari degli ordini, in quanto lede le norme deontologiche della leale concorrenza tra professionisti.

ADC e ANC si augurano che ci sia una marcia indietro da parte della Commissione e che il Legislatore si rammenti di essere anche un riferimento etico, nel momento in cui stabilisce delle regole valide solo per sé.

CS_Compensi_04.03.20

 

 

Focus tributario


Nulla la notifica se effettuata alla vecchia residenza dopo i 60 gg. dal trasferimento.


Con la sentenza 5798/2020, la Cassazione chiarisce che la notifica eseguita presso la vecchia residenza del contribuente è nulla anche se quest'ultimo non ha comunicato la variazione. Decorsi 60 giorni dalla variazione infatti, la legge prevede che il trasferimento è opponibile all'Erario. Non sana la notifica la consegna eseguita nelle mani di un parente che ancora abita nella vecchia residenza, perché non opera la presunzione di convivenza tra il contribuente e il familiare.  Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di accertamento, a seguito di mancata risposta a un questionario inviato dall'Ufficio. Il contribuente ricorreva sia in CTP che in CTR che rigettavano. Il contribuente ricorreva in Cassazione sollevando, tra l’altro, la mancata notifica del questionario, erroneamente notificato presso la vecchia residenza. Il ricorrente richiamava l'art. 60 comma 3 del d.P.R n. 600/1973, da cui deduceva che il trasferimento delle residenza anagrafica, era efficace nei confronti dell'Amministrazione procedente "benché non ancora comunicato all'Ufficio, che avrebbe quindi dovuto eseguire la notifica presso la nuova residenza anagrafica del contribuente, che costituiva anche il nuovo domicilio fiscale di quest'ultimo."

La Cassazione con sentenza n. 5798/2020 cassa il provvedimento impugnato in relazione ai motivi accolti tra cui figura quello relativo alla notifica. Gli Ermellini accolgono infatti il motivo del ricorso perché fondato. Ai sensi del comma 1 art. 60 d.P.R n. 600/1973 infatti "la notifica non eseguita a mani proprie del contribuente deve essere fatta nel domicilio fiscale di quest'ultimo, che, in forza del precedente art. 58, secondo comma, per le persone fisiche residenti nel territorio coincide con il Comune nella cui anagrafe sono iscritte." Pacifico che il ricorrente domiciliato ai fini fiscali nel Comune X, alla data Y trasferiva la sua residenza in un altro Comune. Variazione che, ai sensi dell'art. 58 comma 3 d.P.R 600/1973 e non dell'art. 60 richiamato dal ricorrente, è opponibile all'Ufficio, senza obbligo di comunicarla, dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui si è verificata. Incontestato che la notifica del questionario sia avvenuta dopo i 60 giorni predetti. La Corte quindi afferma che deve ritenersi nulla la notifica del questionario al contribuente, senza che la stessa possa considerarsi sanata per effetto della consegna alla residenza anagrafica e al domicilio fiscale precedenti dello stesso, nelle mani di un familiare. Questo tipo di consegna infatti non fa presumere la convivenza non meramente occasionale, per cui la notifica è nulla.

 

 

Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento per emendare i propri errori.


In tema di imposte sui redditi il contribuente può emendare i propri errori anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l’impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa.

Il contribuente, quindi, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito di esercitare alcuna reazione di rimborso dopo il pagamento della cartella.

Del resto costituendo la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis D.P.R. 600/73 il primo atto impositivo, possono essere dedotti in giudizio tutti i vizi della pretesa tributaria. Cassazione Civile Ord. Sez. 5 Num. 1862/ 2020 pubblicazione 28/01/2020.

 

 

Focus societario


Le ipotesi di esclusione del socio di S.r.l.    


“A differenza delle società di persone, nella società a responsabilità limitata la cessazione del rapporto sociale con riguardo ad un socio è possibile solo a) nell’ipotesi – e all’esito del procedimento – previsto per il caso di renitenza del socio al versamento della quota di capitale da lui dovuta (art. 2466 c.c.), b) ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta, b.1) ma anche in tal caso in ipotesi specifiche, b.2) che integrino, sotto il profilo contenutistico, una giusta causa di cessazione del vincolo sociale (art. 2473-bis).

Al di fuori di tali ipotesi, il singolo rapporto sociale non sarà mai unilateralmente risolvibile per decisione maggioritaria”.

Con la pronuncia in commento, la Sezione imprese del Tribunale di Milano si pronuncia sui limiti entro i quali la attuale disciplina della società a responsabilità limitata consente l’esclusione del socio dalla compagine societaria.

Nel quadro normativo successivo alla riforma del 2003, sotto il profilo dei rapporti interni, la società a responsabilità limitata sembra essersi avvicinata alle società di persone.

Il D.Lgs. 6/2003 ha accentuato la caratterizzazione personalistica del tipo societario in discorso, ove il contributo del socio molto spesso si qualifica per le sue qualità personali e professionali, piuttosto che per il valore oggettivo di beni apportati. Tuttavia, l’esclusione del socio non costituisce, neppure nel mutato scenario legislativo, un elemento naturale del rapporto sociale nella S.r.l., essendo consentita in soli due casi: quello della mancata esecuzione dei conferimenti da parte del socio, così come previsto all’art. 2466 c.c., e al ricorrere di una giusta causa di esclusione, qualora espressamente e specificamente prevista nello statuto, come prescrive l’art. 2473 bis c.c..

Diversamente, nella disciplina delle società di persone, l’esclusione può avvenire anche in caso di “gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale”, ex art. 2286 c.c., ossia in virtù di una causa di esclusione generica e facoltativa, concettualmente assimilabile a quella che, in materia contrattuale, consente la risoluzione per inadempimento.

Nella fattispecie giudicata dalla sentenza che si commenta, il socio di una S.r.l. ha impugnato una delibera con la quale i soci lo hanno escluso dalla compagine societaria. Il motivo era rinvenibile nell’avere il socio compravenduto un mezzo di proprietà della società, ciò che avrebbe leso gravemente il rapporto fiduciario intercorrente tra socio e società.

A propria difesa, nell’ottica di ottenere un provvedimento cautelare di revoca della delibera, il socio ha addotto, tra i diversi argomenti, che la sua condotta non avrebbe integrato una ipotesi di giusta causa di esclusione. Quanto precede poiché, mentre la legge prescrive che la causa debba essere espressamente prevista in statuto, nella fattispecie tale documento avrebbe soltanto previsto che “il socio può essere escluso dalla società al verificarsi delle seguenti circostanze oltre a quelle indicate nell’articolo 2466 c.c.: a) interdizione o inabilitazione …; b) … inadempimento del conferimento d’opera o di servizi …; c) in caso di scomparsa o dichiarazione di assenza (…)”.

Il Tribunale di Milano approcciandosi alla decisione ripercorrere brevemente il quadro normativo in tema di esclusione del socio, chiarendo che, nel contesto delle S.r.l., tale risultato può essere legittimamente raggiunto:

A) In caso di mancata esecuzione dei conferimenti l’ipotesi di esclusione è quella contenuta all’art. 2466 c.c., che si giustifica guardando all’esigenza di garantire ed assicurare in ogni tempo alla società il conseguimento del valore corrispondente al conferimento, in modo che sia garantito ai terzi l’effettività del capitale sociale. Le maggiori perplessità rispetto all’applicazione di tale norma oggi sorgono in caso di morosità del socio nel conferimento della prestazione d’opera: è discusso, in particolare, se la mancanza, scadenza o sopravvenuta inefficacia della polizza assicurativa o della garanzia atta ad assicurare il rispetto delle future prestazioni possa da sola legittimare l’avvio della procedura di esclusione del socio ex art. 2466 c.c. (di recente, il Tribunale di Roma sembra avere concluso per una soluzione positiva, con sentenza del 22 gennaio 2019).

B) Quando l’atto costitutivo lo consente l’ipotesi è quella prevista dall’art. 2473 bis c.c., introdotto con la riforma del 2003, che consente ai soci di prevedere nello statuto specifiche ipotesi di “giusta causa” esclusione. In questo caso, però, l’esclusione sarà valida a patto che:

B. 1) l’ipotesi di esclusione sia specificamente prevista

il socio non potrà essere escluso sulla base di un generico principio di giusta causa, ma solo in ragione di una causa specifica, individuata e circoscritta; secondo la giurisprudenza, la specificità deve escludersi “allorché la clausola sia formulata in modo da lasciare ampio spazio alla discrezionalità interpretativa, essendo necessario che lo statuto tipizzi i comportamenti che costituiscono giusta causa di esclusione del socio, giacché altrimenti l’istituto si trasformerebbe in uno strumento, generale e generico, di reazione ad un qualsiasi e non predeterminato contegno del socio, in conflitto con gli interessi sociali”. (Trib. Trento, sentenza del 4 aprile 2013); è dunque essenziale che il socio sia messo nella condizione di sapere preventivamente, con certezza, le condotte e le situazioni suscettibili di determinare la sua esclusione;

B. 2) sotto il profilo contenutistico, l’ipotesi integri una giusta causa di cessazione del vincolo sociale.

Sicché è essenziale che le ipotesi di esclusione facciano riferimento a circostanze che presentano una gravità tale da giustificare l’esclusione, le quali potranno consistere sia in eventi consistenti in inadempimenti da parte del socio ad obblighi previsti dalla legge o inseriti nell’atto costitutivo, sia in altre circostanze che riguardino la persona del socio.

Sulla base di queste premesse ed in ragione del fatto che la condotta del socio non potesse essere ricondotta a nessuna delle ipotesi di esclusione indicate nello statuto, il Tribunale di Milano ha accolto la domanda cautelare del socio sospendendo l’efficacia della delibera.

A nulla sono valsi, peraltro, i tentativi della società di sostenere una sorta di “legittimità a priori” dell’esclusione, giustificata alla luce della violazione, da parte del socio, del principio generale di buona fede contrattuale, nonché alla luce dell’applicazione di alcuni precetti costituzionali. Ad avviso del Tribunale l’applicazione di questi principi non sarebbe idonea a stravolgere l’equilibrato impianto normativo delineato dal legislatore, che in ogni caso di tali principi risulta rispettoso.

 

 

Focus Enti Locali


Nomina Oiv: obbligo e indipendenza del ruolo.


Nella Delibera 103 del 14.11.2019 della Corte dei conti Puglia, un Sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di nominare l’Organismo indipendente di valutazione (Oiv) o il corrispondente Organismo previsto dall’Ente (Nucleo di valutazione), in caso di mancato rispetto del vincolo del “Pareggio di bilancio”.

La Sezione ha ribadito che gli Enti Locali possono affidare gli incarichi “obbligatori” a soggetti esterni, tra cui quelli di Oiv o Nucleo di Valutazione. La Sezione inoltre si è soffermata sulla difficoltosa conciliabilità della contemporanea intestazione al Segretario delle funzioni di “Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” e anche di componente del Nucleo di valutazione (o dell’Organo diversamente denominato).

La necessità di una distinzione fra le 2 figure emerge infatti dall’art. 1, comma 8-bis, della Legge n. 190/2012, che attribuisce all’Oiv il compito di verificare che i “Piani triennali per la prevenzione della corruzione” siano coerenti con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico-gestionale e che nella misurazione e valutazione delle performance si tenga conto degli obiettivi connessi all’Anticorruzione e alla Trasparenza, nonché di verificare – in rapporto agli obiettivi inerenti alla prevenzione della corruzione e alla trasparenza – i contenuti della relazione che il “Rpct” deve trasmettere entro il 15 dicembre di ogni anno allo stesso Oiv (e all’Organo di indirizzo dell’Amministrazione) sui risultati dell’attività svolta, potendo a tal fine chiedere allo stesso “Rpct” le informazioni e i documenti necessari per lo svolgimento del controllo. Ne consegue che la coincidenza delle 2 figure (Oiv/struttura con funzioni analoghe e “Rpct”) farebbe venir meno la necessaria separazione di ruoli in ambito di prevenzione del rischio corruzione prevista dal vigente quadro normativo.

 

 

Estrazione revisori Enti Locali


Si ricorda che è operativo sul portale del Dipartimento per la funzione pubblica una funzione di ricerca che agevolmente consente di visualizzare le ultime estrazioni effettuate presso le prefetture delle province della Regione per l’esercizio della funzione di revisore dell’Ente locale.

Consulta le estrazioni più recenti

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